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sabato 24 dicembre 2016

BUONE FESTE

UN ABBRACCIO AI BAMBINI ...IN GUERRA 

       https://youtu.be/jYmqZwZmVJQ


Cadono le bombe sugli ospedali di Aleppo,
cadono le bombe sulle scuole e gli asili.
 La notte buia è rischiarata dai bagliori delle bombe
 e risuonano sui selciati divelti
 i passi rapidi delle mille milizie combattenti.

Uomini armati si aggirano nel buio
 attorno alla tua casa.
Non sai chi sono ,
non sai come difendere , dove nascondere i tuoi bambini, tua moglie, le tue sorelle.
Bussano alla porta uomini armati nella notte.
  
Diamo tregua, per un notte alla gente affamata e disperata.
 Uniamoci all’appello di Medici senza frontiere e del Papa.
Lasciamoli partire: a ottanta chilometri c’è il mare, l’Isola di Cipro dalle belle scogliere.

Uniamoci all’appello, anche se nessuno li vorrà ospitare.
Ma almeno vivi.

Augurare le buone feste in questo fine 2016  significa per me invitarvi a pensare a quei bambini.

Vi auguro di non dovervi mai trovare nelle condizioni di quei disperati, di vivere nelle vostre case ben riscaldate e di trovare il panettone al mattino, vicino al caffè e latte.

Vi auguro di stare bene e che i vostri figli ,  i vostri nipoti stiano bene e che tutte le persone che amate stiano bene.


Ad Aleppo non si combatte più da alcuni giorni, ma Aleppo ha ancora bisogno di noi : ci sono decine di migliaia di sfollati che hanno bisogno di dissetarsi, sfamarsi, curarsi, proteggersi dal freddo.

Aleppo e' tra noi .

Il Natale 2016 non sarà un Natale di pace.  E’ successo altre volte nella storia, ma oggi ci siamo noi e dipende da noi ravvivare la fioca luce di umanità che si sta spegnendo, ed in alcune parti del mondo si è già spenta. Dipende da noi riaccendere la candela della memoria e della speranza. Solidarietà ed accoglienza sono i primi indispensabili passi per tornare a sentirci degni d’essere umani.




Vi mando un piccolo filmato con i miei auguri 

martedì 6 dicembre 2016

BASTERA’ A SALVARE LA SCUOLA PUBBLICA UN TABLET PER OGNI STUDENTE?

IL TABLET NON SOSTITUISCE IL ... DOCENTE 
   Dentro la scuola digitale    https://youtu.be/0Rx2toTBoy8
Insegnare non è mai stato facile.                                                                   
Richiede conoscenza e conoscenze, metodo e volontà, capacità didattica e relazionale, apertura mentale e rigore, autorevolezza e autorità, empatia e distacco, motivazione e gioia personale nel praticare l’insegnamento. Obiettivi difficilmente raggiungibili in questi ultimi anni scolastici che ci fotografano una realtà impietosa: classi fatiscenti, un numero elevato di studenti, risorse sempre insufficienti, incombenze burocratiche crescenti e contesti relazionali compromessi dalla percezione che studenti e insegnanti hanno della realtà esterna. 

  
  E’ difficile per un ragazzo essere tranquillo, motivato e mantenere alta l’attenzione e la concentrazione, quando a casa la situazione è diventata precaria per problemi di lavoro dei genitori. E’ complicato per gli insegnanti mantenere alta l’affabilità e la disponibilità quando la vita scolastica è sempre più noiosa e stressante, il reddito sempre meno incentivante e le prospettive pensionistiche tendenti al nero pece.
 In questo scenario, ci viene prospettata una "buona scuola", che, in quanto tale, deve essere all'altezza dei tempi, "smart" e tecnologicamente avanzata. Ecco perché il MIUR ha redatto ben due Piani nazionali per promuovere la "scuola digitale", intervenendo finanziariamente sia nella fase dell'acquisto dell'hardware (in particolare computer, tablet e Lavagne Interattive Multimediali), sia in quella della formazione e  
della diffusione di tecniche didattiche adeguate a questo obiettivo.
Le nuove tecnologie, come aiuto alla scuola obbligano ovviamente a ripensare   la didattica e il ruolo dell’insegnante, persona capace di insegnare ad imparare e di motivare l’alunno a tirare fuori il meglio di sé.                        

Come sempre, alla fine, la differenza è fatta dal docente.\\\\\\\\\\\\\\\\\\ SCUOLA CON IL TABLET
In didattica - lo so per esperienza diretta-  infatti, poco possono fare gli strumenti, e moltissimo può fare una classe docente preparata, anche ma non solo, all’uso delle nuove tecnologie. Un tablet può ugualmente essere un buono strumento oppure un oggetto inutile; una fonte di distrazione e la causa di un inaridimento della materia e della sua complessità, oppure una porta per la scoperta dei possibili collegamenti tra le diverse materie; può essere un invito all’approfondimento così come la scusa per distrarsi facilmente. 
   
La differenza, ripeto, la fa l’insegnante, esattamente come succede all’interno di una normale classe.
La necessità di interessare, includere e coinvolgere i ragazzi – e a maggior ragione i bambini – è sicuramente la prima emergenza nazionale, dal punto di vista della didattica.

Il tablet e, in generale, la digitalizzazione possono e devono essere uno strumento per trasformare le nostre classi in luoghi aperti alla società, in cui i ragazzi si sentano coinvolti anche attraverso quelle competenze che esercitano già fuori dalle mura scolastiche. La necessità di coinvolgere i ragazzi deve passare attraverso l’attivazione delle singole intelligenze, e non attraverso la somministrazione passiva di nozioni. E questo deve avvenire in una classe ‘normale’ così come in una super digitalizzata.

Negli ultimi anni di dirigenza scolastica (me ne sono andata quattro anni fa) mi sono adoperata per fornire di lim, classe per classe, i tre plessi della scuola media che dirigevo, Giuriolo di Arzignano, nonché di un laboratorio di informatica plesso per plesso, di computer personalizzati in classe per alunni in difficoltà, di strumenti multimediali in ogni sala professori, avviando contestualmente corsi permanenti di formazione per docenti, impreparati nella maggioranza dei casi.
La scuola dal punto di vista delle strutture tecnologiche era all’avanguardia rispetto alla realtà scolastica della provincia di Vicenza


Eppure, se devo esprimere il mio parere sulla didattica … sto con  Galimberti:  
"Esorterei i professori a usare meno il computer. A che serve? Gli studenti, nativi digitali, ne sanno più di chi dovrebbe insegnare loro l’informatica. Ai ragazzi internet fornisce, dopo anni di guerra al nozionismo, un’infinità di informazioni slegate tra loro, ma non regala senso critico, connessione dei dati e, quindi, conoscenza.
I maestri hanno il compito di sviluppare il senso critico e mettere in connessione i dati. Questi ragazzi bisogna educarli al sentimento per evitare l’analfabetismo emotivo: la base emotiva è fondamentale per distinguere tra bene e male, tra cosa è grave e cosa non lo è. E bisogna farli parlare in classe. Il linguaggio si è impoverito. Si stima che un ginnasiale, nel 1976, conoscesse 1600 parole, oggi non più di 500. Numeri che si legano alla diminuzione del pensiero, perché non si può pensare al di là delle parole che conosciamo. E la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero." (...)

Sto con Daniel Pennac il quale addirittura consiglia di non fare entrare gli alunni in classe con ipad, cellulare e pc poiché questi mezzi favoriscono la fuga dall’esperienza relazionale che costituisce il fondamento dell’esperienza educativa. Pennac si preoccupa della formazione come cittadino consapevole e autonomo, dell’apprendimento possibilità di fare emergere una soggettività critica per combattere la trasformazione dell’alunno in consumatore asservito ad un sistema alienante che uccide ogni capacità di essere per davvero libero.
 Pennac, dalla sua esperienza d’insegnante e anche di alunno “difficile” , vede nella relazione l’essenza del processo educativo – in questo la presenza pervasiva dell’oggetto digitale rappresenta un ostacolo che spinga all’autoisolamento e non all’apertura all’altro -, considera anche l’importanza dell’incontro con l’adulto consapevole e attento pedagogicamente……” (A. Gussot)


Chiariamoci.
Il vero problema non è la dotazione tecnologica delle scuole, ma l'impiego che se ne fa.  Una scuola con tablet per ogni alunno e docente e LIM in ogni aula non offre di per sé un migliore apprendimento rispetto a un'altra che non ne è dotata.
Il problema principale è costituito dal rapporto che gli insegnanti italiani hanno con le ICT. Per la stragrande maggioranza, quando va bene sono totalmente impreparati a integrarle nel loro modo di lavorare, mentre nella peggiore delle ipotesi ne sono addirittura terrorizzati (Mi riferisco alla mia esperienza diretta a scuola fino alla fine del 2012)  Per essere davvero efficace, l'uso delle tecnologie nell'insegnamento (e in qualsiasi altro lavoro) dovrebbe essere essenzialmente spontaneo, ovvero percepito come un reale valore aggiunto. E qui gioca un ruolo fondamentale la formazione ad hoc… Dovrebbe puntare innanzitutto a costruire la consapevolezza delle potenzialità delle ICT, che andranno comunque e sempre integrate in maniera autonoma e personale dal docente nel proprio metodo di insegnamento.
 Spetta al solo docente la capacità di insegnare   – sfruttando al meglio le nuove tecnologie compreso il libro digitale – ai ragazzi a essere creativi, autonomi e protagonisti attraverso il lavoro di gruppo.

 Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) adottato dal MIUR, con D.M. 851 del 2015 dovrebbe procedere in tal senso.
Se sono rose fioriranno.  

Donata Albiero


Riflessioni a margine

SOCIAL NETWORK SFIDA EDUCATIVA

http://donataalbiero.blogspot.it/2013/11/social-network-sfida-educativa.html