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domenica 27 maggio 2018

LA POVERTA’ EDUCATIVA E’ IL PRODOTTO DI UNA SOCIETA’ CHE DIMENTICA I BISOGNI DI TANTI RAGAZZI


Mancano infrastrutture culturali per sottrarre i ragazzi dall’isolamento educativo



La povertà educativa è la privazione, per i bambini e gli adolescenti, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni; un fenomeno dilagante in Italia e che non risparmia la regione in cui vivo io, il Veneto. 

“Povertà educativa: il VENETO è maglia nera.                                                                   La Giunta regionale finanzi ed avvii interventi in grado di fronteggiare il fenomeno”. 
  E’  la mozione presentata dalla consigliera regionale del Veneto Cristina Guarda.     
Ciò è a seguito del nuovo rapporto di Save the children dell’11 maggio 2018 che fa luce sulla povertà educativa in Italia e sui fattori che stimolano la resilienza nei bambini e adolescenti che vivono nei contesti più disagiati.            
Lo studio dimostra quanto gli educatori conoscono bene: i fattori che aiutano i ragazzi ad emanciparsi dalle situazioni di disagio sociale ed economico sono l’aver frequentato un asilo nido (+39% di probabilità), una scuola ricca di attività extracurriculari(+127%), dotata di infrastrutture adeguate  (+167%) o caratterizzata da relazioni positive tra insegnanti e studenti (+100%).                                                                                                          
  Di contro, per i minori le probabilità di sviluppare percorsi di resilienza si riducono tra il 30% e il 70% se vivono in contesti segnati da alti tassi di criminalità minorile e dispersione scolastica e di quasi due volte se risiedono in aree dove la disoccupazione giovanile è più alta della media nazionale.
Mentre rimando allo studio della pubblicazione “Nuotare contro corrente” che contiene  appunto il rapporto, invitando le scuole (collegi dei docenti in primis)  a riflettere dal punto di vista educativo, qui mi preme sottolineare alcuni aspetti che mi coinvolgono direttamente, anche in ragione del mio curricolo professionale speso nella scuola.
I dati emersi dal rapporto di Save the children  sono , come ben spiega anche Cristina Guarda nella sua recente mozione una “ denuncia potente sull’insufficienza di servizi formativi indispensabili per consentire ai nostri ragazzi di apprendere, sperimentare e coltivare le proprie competenze e aspirazioni. La Regione deve impegnarsi a finanziare ed avviare interventi per ribaltare questo trend allarmante

Negli ultimi anni di dirigenza scolastica nel vicentino,  mi riferisco  dal 2008 al 2012 (Arzignano:  scuola media Giuriolo, inglobante 3 plessi scolastici e un CTP , cioè   scuola per Adulti con inseriti sezioni di terza media per alunni minorenni di 16/17 anni, casi per lo più difficili, problematici, a rischio di devianza),  quando ormai  le riforme scolastiche segnavano solo tagli agli  organici  con conseguente
eliminazione della mensa scolastica e dei rientri pomeridiani (sia tempo integrato e/o  tempo pieno) , consolidamento di “classi pollaio”  pur se in presenza di  diversi alunni problematici, disabili, stranieri, in affido ,  quando la comunità esterna pareva impotente ed  esigeva  dalla SCUOLA la  SOLUZIONE di ogni problema non solo educativo ma sociale, economico, politico,  discussi molto con i docenti  sul  Ruolo della
scuola connesso  a quello delle altre agenzie educative.
Le convinzioni di allora, testimoniate in numerosi interventi pubblici e in pubblicazioni della stessa scuola, sono le stesse che porto avanti nel volontariato e nella cittadinanza attiva oggi, in parte riportate dal rapporto di Save the children

La scuola non può essere unica responsabile della formazione dello studente perché non è la sola realtà che lo studente vive.
Non può essere la risposta universale a problemi che hanno natura esterna.
Anche i fenomeni di disagio/disaffezione alla scuola, dovuti sia a ragioni economiche e sociali o di scarsa motivazione/coinvolgimento dello studente nel proprio processo formativo vanno affrontati nel terreno in cui nascono e non semplicemente in quello in cui si manifestano. 
Solo strategie di cooperazione tra scuola, famiglia e società possono dare ragionevoli aspettative di superamento di questo ordine di problemi.

Per questo motivo, presi carta e penna e scrissi una lettera aperta il 20 febbraio 2010 alla Amministrazione Comunale di Arzignano che sintetizzo:

"Malgrado la mole di iniziative e di progetti della scuola sulla corresponsabilità, sul rispetto delle regole, sulla solidarietà, si pone l'esigenza di esperire modalità e attori per garantire il recupero dei casi difficili ‘extra moenia’.
Non possiamo lasciar soli gli insegnanti in questo difficile compito di recupero cui ogni giorno si dedicano impegnando cultura, energia, intelligenza; tale faticoso lavoro sarebbe destinato al fallimento e non produrrebbe che frustrazione nei docenti.
È necessario uno sforzo comune di tutti gli Enti territoriali che affianchino la Scuola: Comuni, U.L.S.S, Associazioni, Cooperative, Parrocchie e Oratori, al di fuori delle ore scolastiche, per recuperare alla dignità di cittadino chi marcia verso la emarginazíone e la devianza (Patto territoriale) .
È un compito difficile' ma necessario' che riguarda gli alunni stranieri e italiani per i quali la semplice repressione non è altro che un acceleratore verso la loro definitiva uscita dal consorzio civile.
Camminiamo, dunque ‘insieme’ nell'impegno comune di realizzare un percorso costruttivo e partecipato”.

Quali proposte?  

Restituiamo spazi pubblici e inventiamone di nuovi da far utilizzare ai bambini e ragazzi, magari recuperando quelli abbandonati e degradati; apriamo i centri estivi ,  costruiamo aule a cielo aperto ,  spalanchiamo con progetti ad hoc  le biblioteche  comunali,  regaliamo i doposcuola  o meglio laboratori extra scolastici ai meno abbienti, investiamo  sulla cultura  a 360°(credetemi ‘fa soldi’)

E voi,  Politici svegliatevi :  avete  la responsabilità sociale di sviluppare una nuova cultura politica basata sul  riconoscimento di  due valori chiave: la dignità umana, l'uguaglianza. E pertanto, non ignorate, nei vostri programmi partitici e nelle amministrazioni locali i bambini perché tanto non votano.
Investite in nuove strutture per bambini: asili nido, scuole d’infanzia là dove mancano, invece di essere sempre propensi, lo vediamo nel Veneto, a grandi opere che ritengo inutili, costose, il cui prezzo poi ricade sui cittadini (TAV, PEDEMONTANA, MOSE…).  

Date il via, diamo il via veramente alla Comunità educante, come modello di intervento che, a partire dall’obiettivo di restituire visibilità e centralità all’infanzia e all’adolescenza, restituisca anche dignità, protagonismi e diritti alle persone, rimettendole al centro dell’interesse pubblico, indipendentemente dal censo, dalle provenienze etniche, religiose e culturali, dagli orientamenti sessuali e dalla appartenenza di genere. 
Consentire a bambini, ragazze, giovani di prendere in mano un po’ di più il proprio destino, il proprio tempo, i territori in cui vivono e scoprire il piacere di apprendere e soprattutto di imparare facendo, cioè gli orizzonti della scuola diffusa, significa creare scuole, quartieri e comunità diverse, contribuire a costruire un mondo nuovo(Gianluca Carmosino)

Intanto, per fortuna c'è già chi si muove. 

 Proprio in considerazione che la  povertà educativa  lede il diritto dei bambini e dei ragazzi ad avere una educazione di qualità e che la realizzazione delle piene potenzialità dei minorenni è un “bene comune” di cui  sono tutti responsabili, prenderà il via nei prossimi mesi il progetto di contrasto alla povertà educativa "Lost in Education",che verrà realizzato dall'UNICEF Italia  come  capofila,in collaborazione con Arciragazzi, in 20 scuole di 7 Regioni italiane ( manca il Veneto) . 
I ragazzi sono gli attori trasformativi del progetto e, con i docenti e accompagnati dagli operatori, diventano essi stessi “pontieri” tra scuola e altri attori della comunità educante.  Attraverso laboratori misti di studenti, docenti, famiglie e attori della comunità ci si pone l'obiettivo di costruire ambienti sicuri in cui i ragazzi possano sviluppare le proprie capacità e avviare percorsi territoriali di co-progettazione verso una comunità che si attesta come educante.


Donata Albiero                                                  27 maggio 2018






domenica 6 maggio 2018

VIOLENZA A SCUOLA , FILIGRANA DELLA SOCIETA' CONTEMPORANEA


Violenza, non è nella scuola la radice del problema     
 Cresce la violenza a scuola, è un fatto.
Ragazzi bullizzano ragazzi, ragazzi bullizzano insegnanti, insegnanti bullizzano ragazzi, genitori  bullizzano insegnanti, insegnanti bullizzano genitori, genitori bullizzano ragazzi.
C’è qualcosa che non va, è indubbio.  Ma io insisto, la violenza a scuola è soltanto il riflesso di una violenza generalizzata che c'è nella nostra società e che tutti respiriamo.
E mi soffermo sulla questione che riguarda i ragazzi
L’aggressività dei giovani, il loro vivere senza limiti, la loro impulsività, è il prodotto di una società in trasformazione, che in parte non ha saputo trasmettere, nella famiglia e nella convivenza civile, autocontrollo, autorevolezza e rispetto delle regole, che non ha saputo proporre modelli costruttivi, che non ha saputo dare loro l’attenzione necessaria ed evitare quelle modalità educative che hanno invece rinforzato gli atteggiamenti trasgressivi.

Le analisi degli “esperti” portano tutte alle medesime conclusioni: i giovani non sono più in grado di reggere lo stress e sopportare l’insuccesso; i genitori sono diventati troppo protettivi e concedono tutto ai figli, difendendoli a oltranza anziché punirli quando necessario; la scuola da parte sua ha perso prestigio e autorevolezza, e così pure chi vi lavora. E potrei continuare.

Come ho ribadito in più occasioni, la violenza non nasce nei microcosmi della scuola o della famiglia, che ne sono semmai i terminali ultimi, ma è la filigrana vera e propria della società contemporanea.
I giovani respirano quotidianamente violenza senza accorgersene, e poi la vomitano perché è un veleno che intossica l’anima.

Di fatto, la scuola diventa sempre più il luogo dove le frustrazioni e le contraddizioni presenti nella società emergono in maniera drammatica.
Alla scuola viene chiesto di sopperire a tutte le carenze di una società in crisi di identità, investendola di carichi e richieste che esulano dalla sua mission istituzionale di agenzia pedagogico-formativa.
La scuola ogni giorno è in trincea ma il nemico contro cui combattere non è il genitore manesco o il ragazzo indisciplinato o il docente autoritario. 


  A far chiudere i pugni sono i continui incitamenti al successo a tutti i costi, all’indegnità dello sconfitto, all’individualismo competitivo e cinico, l’ansia soffocante di controllo, l’ingiustizia troppe volte impunita, il veleno dell’ “è tutto uguale, una cosa vale l’altra”.
Ma, c’è un ma che delinea le nostre responsabilità di adulti
Non parliamo (ascoltiamo) più i giovani, neppure i nostri figli. Perché anche noi ormai parliamo la sola lingua comprensibile alla mente della nostra società: il denaro, i consumi, la crescita economica.
E diventiamo sempre più egoisti, chiusi, violenti
E trascuriamo il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni e della resilienza,
 educando al senso del limite, anche alla fatica del vivere.

Il bullo (anche a scuola) non è altro che l’autoritratto (oggi diremmo “selifie”) di unha società che ha smarrito se stessa. 
Colpevolizzare o punire serve a poco.  
 E’ necessario un confronto culturale permanente per contrastare il degrado morale e etico di una società che ogni giorno si esprime nella violenza, nel bullismo, ripristinando il rispetto delle regole e del bene comune, cominciando dalle piccole cose, dagli aspetti più minuti della vita quotidiana.

Significa lavorare per ripristinare un’alleanza educativa tra scuola e famiglia, un vero patto di corresponsabilità educativa, un contratto sociale . Docenti e genitori devono collaborare per lo sviluppo e la crescita degli studenti.
 Per far questo, però, bisogna ridare centralità al ruolo dell’insegnante, troppo spesso delegittimato e lasciato solo ad affrontare le sfide educative. 

Donata Albiero                                                                          6 maggio 2018


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